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Siamo nella prima metà degli anni '20. Vienna non è più la metropoli al centro di un grande impero multietnico e multiculturale, ma la capitale troppo popolosa di una piccola repubblica alpina. Ridotta alla miseria e alla disperazione dal processo iperinflattivo innescato, dopo la sconfitta del 1918, dalle folli pretese riparatorie delle potenze vincitrici, essa è teatro e al tempo stesso protagonista di una storia di decadenza materiale, che è anche decadenza morale e sociale; nel suo corpo agisce, come una malattia esiziale, un capitalismo finanziario senza freni, che specula sullo stato di estrema indigenza delle masse, sulla impotenza dello Stato a frenarne gli eccessi e sulla debolezza della politica a svolgere il suo compito di governo. Il romanzo si colloca entro questa drammatica cornice. Tipico "Wiener Roman" e Konjunkturroman ("romanzo di attualità"), in esso la realtà storica di Vienna e dell'Austria si fonde con quella fittiva, a crearne una terza, forse ancora più vera, capace di restituirci la pienezza di un mondo in cui alto e basso si mescolano e si accavallano, dando vita a un quadro dalle tinte forti e dai colori vividi e contrastanti, come quelli della pittura espressionista dell'epoca. "Jazz" è un titolo evocativo delle dissonanze tra la più sfrenata ricchezza e la più abissale povertà, tra una voglia di vivere e di godere della vita a tutti i costi e una sorta di cupio dissolvi, che sembra impadronirsi di tanti destini personali, incapaci ormai di futuro. Un'occasione per meditare, a quasi cento anni di distanza, anche sul nostro presente.